La legittimazione ad agire dei Comitati cittadini contro atti della Pubblica Amministrazione

di DOTT.SSA SERENA CANTARELLI

La questione giuridica che analizziamo oggi concerne il tema della legittimazione ad agire dei Comitati di cittadini avverso gli atti della Pubblica Amministrazione.

Il caso sottoposto al nostro Studio riguardava una delibera di giunta che intendeva realizzare un opera pubblica confliggente con le aspettative dei residenti della zona, che avevano formato un “Comitato di cittadini residenti nel quartiere X”.

A tal proposito, occorre sin da subito chiarire che se in taluni casi identificare il soggetto portatore di un interesse legittimo può essere relativamente semplice (come quando vi è un rapporto diretto tra P.A e privato), in altri casi la questione si presenta molto più complessa. È il caso dell’ambiente, un bene pubblico non suscettibile di appropriazione individuale perché indivisibile, unitario, multiforme e non attribuibile al singolo cittadino.

Per risolvere i casi più controversi la giurisprudenza ha elaborato taluni principi di ordine generale.

Tra questi il concetto di “vicinitas” assume un importante ruolo nella materia in esame, infatti: compete al singolo soggetto la legittimazione ad agire in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo che possa produrre effetti potenzialmente negativi sull’ambiente nelle immediate vicinanze al luogo dove vive.

In materia di urbanistica ed edilizia esso suscita forti perplessità soprattutto in relazione all’impugnazione di un titolo edilizio.

Secondo parte della giurisprudenza, lo stabile collegamento di un soggetto ad una zona determinata (proprietà di un immobile in quel luogo, ecc.) sarebbe di per sé sufficiente a determinare la legittimazione ad agire avverso un titolo edilizio concesso nella zona stessa. Così, il Cons. St., 16/03/2010 n.1537 ha sostenuto che la legittimazione ad impugnare una concessione edilizia deve essere riconosciuta al proprietario di un immobile sito nella zona interessata alla costruzione, o comunque che si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona stessa (in tal senso anche Cons. St., Sez. IV 19/06/2012; TAR Toscana, Sez. III, 17/02/2012 n.360).

Altra parte della giurisprudenza, tuttavia, ritiene che la semplice vicinanza non sia sufficiente a fondare la legittimazione, se nel contempo non venga dimostrato dallo stesso ricorrente un concreto pregiudizio conseguente ai provvedimenti impugnati. In quest’ottica la “vicinitas” rappresenta condizione necessaria ma non sufficiente a radicare la legittimazione, posto che a ciò debba aggiungersi una specifica e differenziata lesione della propria sfera soggettiva. Così, secondo TAR Veneto, Sez. II, 05/07/2012 n.959 la legittimazione sussiste soltanto nei casi in cui si sia in presenza di una lesione attuale di uno specifico interesse di natura urbanistico-edilizia nella sfera dell’istante, idoneo ad attribuire una posizione differenziata e qualificata che, in quanto tale, è suscettibile di determinare una rilevante e pregiudizievole alterazione del preesistente assetto edilizio ed urbanistico che il ricorrente intende conservare.

Con sentenza 27 agosto 2019, n. 21740, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute proprio in tema di “vicinitas”, riconoscendolo quale elemento sufficiente al fine di radicare l’interesse a ricorrere del “supercondominio”, del condominio in persona dell’amministratore pro tempore e degli altri privati ricorrenti. La stessa sentenza, tuttavia, dopo aver evidenziato come in materia sia presente un contrasto giurisprudenziale, chiarisce come i ricorrenti abbiano, in ogni caso, anche allegato i fatti e i documenti strumentali alla prova di un danno alla salute.

Per quanto riguarda la legittimazione ad agire dei Comitati, per costante giurisprudenza (Cons. St., Sez. IV, 19 febbraio 2010 n.1001; Sez. VI, 13 settembre 2010 n. 6554 e 23 marzo 2011 n.3107; Sez. V, 22 marzo 2012 n.1640; Sez. III, 8 agosto 2012 n.4532), è riconosciuta ai Comitati spontanei allorquando venga dimostrato “un collegamento stabile con il territorio ove (il comitato) svolge l’attività di tutela degli interessi stessi” e di avere svolto una “attività… protratta nel tempo” e quindi di non esistere soltanto “in funzione della impugnazione di singoli atti e provvedimenti”.

I Comitati istituiti in forma associativa temporanea, che perseguono obiettivi di natura ambientale in modo occasionale o episodico, ed hanno uno scopo specifico e limitato nel tempo, costituiscono una mera proiezione degli interessi dei soggetti individuali che ne fanno parte e non sono, quindi, portatori di interessi diffusi radicati nel territorio; in quanto tali, non sono legittimati ad agire davanti il giudice amministrativo per contestare atti aventi rilevanza nelle materie del commercio e dell’urbanistica-edilizia (cfr. T.A.R. Lazio Roma, Sez. II-ter 25/7/2017 n. 8941 e i precedenti ivi citati ossia T.A.R. Sardegna n. 1415/2010; Cons. St. n. 4928/2014; T.A.R. Lombardia Milano n. 1607/2016).

Laddove, per i motivi sopra detti, non è ammesso il ricorso da parte del Comitato di cittadini, per il fatto di essere sorto spontaneamente solo per contrastare la realizzazione del progetto e dunque non può considerarsi portatore di interessi diffusi e protratti nel tempo, è tuttavia ammesso il ricorso collettivo. Infatti, per costante giurisprudenza ( Cons. St., Sez. VI; 18 febbraio 2015 n.831; Sez. III, 20 maggio 2014 n.2581; Sez. IV, 29 dicembre 2011 n.6990; Sez. III, 21 marzo 2016 n. 1120) il ricorso collettivo, ossia presentato da una pluralità di soggetti con un unico atto, è ammissibile nel caso in cui sussistano, congiuntamente, il requisiti dell’identità di situazioni sostanziali e processuali e il requisito dell’assenza di un conflitto di interessi tra le parti.

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