Il diritto di accesso a video sorveglianza in sinistri stradali

Il TAR Lazio, con la sentenza 26 novembre 2024 n 21164 (di seguito riportata per esteso) ha affrontato un caso in cui si discuteva il diritto degli eredi di una vittima di incidente stradale di ottenere l’accesso a riprese video di sorveglianza, respingendo le obiezioni legate alla protezione dei dati personali. Secondo il Tribunale, l’accesso agli atti per finalità difensive si affianca e integra i tradizionali strumenti probatori previsti nei procedimenti civili e penali, con l’obiettivo comune di ampliare le possibilità di tutela per i cittadini.

Nella valutazione degli interessi contrapposti, è stato evidenziato come la richiesta di accesso debba essere giustificata da una necessità concreta, volta a dimostrare una specifica esigenza di difesa. Nel caso specifico, i ricorrenti sostenevano che le videoregistrazioni erano fondamentali per mettere in discussione le conclusioni del consulente tecnico nominato dal pubblico ministero e per ottenere una riapertura delle indagini sull’incidente.

Il TAR ha inoltre chiarito che l’accesso a documenti per finalità difensive possiede una doppia natura: da un lato, serve a tutelare un diritto sostanziale; dall’altro, è una garanzia di tipo processuale che deve essere effettivamente riconosciuta e protetta. A differenza degli strumenti processuali di acquisizione probatoria, che richiedono una valutazione di rilevanza da parte del giudice, l’accesso documentale rappresenta una strada autonoma e preliminare, non subordinata a tale verifica.

Questa distinzione è stata sottolineata anche in relazione alla normativa sull’accesso agli atti amministrativi (legge n. 241/1990), che opera su un piano diverso rispetto agli strumenti probatori previsti dai codici di rito. Mentre la legge sull’accesso documentale mira a garantire un interesse privato sostanziale, l’acquisizione probatoria dipende dall’accertamento giudiziale della rilevanza degli elementi richiesti ai fini del procedimento.

Con questa pronuncia, il Tribunale ha ribadito che l’accesso difensivo è un mezzo primario per garantire il diritto alla prova e alla difesa nelle fasi preliminari, sia giudiziarie sia stragiudiziali. Tale strumento non limita, ma piuttosto anticipa, l’uso degli strumenti processuali, contribuendo a rafforzare le tutele riconosciute ai cittadini in una prospettiva di crescente attenzione ai diritti individuali.

In buona sostanza, secondo il TAR la legge n. 241/1990, che regola l’accesso ai documenti amministrativi, non preclude l’utilizzo degli strumenti processuali per la raccolta delle prove, ma li precede, offrendo un’opportunità di tutela anticipata del diritto alla difesa, contribuendo così all’ampliamento delle garanzie riconosciute al cittadino. COnseguenza di ciò è che il rigetto di una richiesta di esibizione documentale non si pone in contrasto con la normativa sull’accesso agli atti, proprio perché le due discipline operano su livelli diversi.

 

TAR Lazio, sent., 26 novembre 2024, n. 21164

Presidente Morabito – Estensore Licheri

Fatto e Diritto

Con ricorso promosso ai sensi degli artt. 25, l. n. 241/19900 e ss.mm.ii. e 116 c.p.a. – e depositato entro i termini dimidiati di cui all’art. 87 c.p.a. – parte ricorrente avversava il diniego tacito opposto dal comune di (Omissis) all’istanza di accesso presentata in data 29.11.2023 e da quell’ente acquisita a protocollo in pari data con il n. 47561/2023.

In fatto, ella esponeva di agire in qualità di erede testamentaria del sig. Sa. Sa. Co. Gi. giusta testamento del 6.1.2020 pubblicato il 12.5.2022 e, in tale veste, chiedeva di avere accesso ad alcuni documenti amministrativi concernenti il sinistro stradale occorso il 25.2.2022 in conseguenza del quale il proprio dante causa decedeva il successivo 12.3.2022.

In particolare, formavano oggetto della richiesta i seguenti documenti:

1. elaborati planimetrici delle aree stradali prese in considerazione per il progetto del sistema di videosorveglianza remoto;

2. progetto del sistema di videosorveglianza remoto;

3. dichiarazione di conformità del sistema di videosorveglianza remoto redatta dall’impresa installatrice ai sensi della Legge 46/1990 e/o del D.M. 37/2008;

4. specifiche tecniche delle telecamere e delle relative ottiche impiegate nel sistema di videosorveglianza remoto;

5. specifiche tecniche dell’unità centrale del sistema di sistema di videosorveglianza remoto;

6. contratto di manutenzione del sistema di videosorveglianza remoto e relativi registri di manutenzione;

7. atto di designazione del soggetto autorizzato all’estrazione delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza remoto in caso di evento che ha interessato l’Autorità Giudiziaria;

8. contratto per fornitura e posa di sistema di videosorveglianza, completo di apparati di trasmissione e di supporto, componenti hardware e software tramite utilizzo di punti di ripresa collegati a centrale operativa, e relativo capitolato tecnico.

A fronte di tale istanza, l’amministrazione comunale intimata rimaneva inerte, così formandosi, sulla stessa, il diniego tacito di cui agli artt. 22 e seguenti della l. n. 241/1990, contro il quale proponeva gravame l’odierna ricorrente affidandosi ad un unico motivo di ricorso, con il quale, nella sostanza, si doleva della violazione della disciplina normativa in materia di accesso c.d. ‘documentale’ sostenendo, al contrario:

– che le immagini tratte dall’impianto di videosorveglianza comunale avrebbero avuto la consistenza di documenti amministrativi accessibili ex l. n. 241/1990;

– che ad accedere alle stesse avrebbe piena legittimazione l’erede della vittima deceduta a seguito di lesioni riportate in occasione di un incidente stradale;

– che non sussisterebbero ragioni di esclusione dall’accesso a siffatta documentazione;

– che, infine, la legittimazione ad accedere alle immagini si estenderebbe anche alla documentazione attestante modalità e specifiche tecniche delle videoriprese effettuate dal sistema di videosorveglianza comunale.

Il comune di (Omissis) non si costituiva in giudizio.

Alla camera di consiglio del 20.3.2024, parte ricorrente rendeva edotto questo Giudice della necessità di acquisire tale documentazione nell’ambito delle investigazioni difensive che asserisce starsi svolgendo nell’ambito di un procedimento penale pendente dinanzi alla competente autorità giudiziaria per i fatti de quibus; dal proprio canto, il Collegio dava avviso al difensore della ricorrente di possibili profili di inammissibilità del ricorso per mancata evocazione in giudizio di almeno un controinteressato e tratteneva l’affare in decisione.

Con ordinanza collegiale n. 6741 dell’80402023, questo Giudice – manifestate talune perplessità in ordine all’ammissibilità dell’azione intrapresa ex art. 116 c.p.a. alla luce delle circostanze dedotte dalla parte nel corso dell’udienza camerale e concernenti l’opportunità che essa ricorra, piuttosto, allo strumento di acquisizione documentale previsto dall’ordinamento processuale penale e disciplinato dall’art. 391-quater c.p.p. – ordinava comunque al comune di (Omissis) di rendere documentati chiarimenti entro 30 giorni in ordine ai fatti di causa, rendendo anche noti gli estremi occorrenti per provvedere alla notifica del presente gravame ad almeno uno dei controinteressati e, nello specifico: all’impresa o alle imprese fornitrici del sistema di videosorveglianza da remoto; all’impresa o alle imprese installatrici e manutentrici del suddetto impianto; al soggetto autorizzato all’estrazione delle immagini registrate dal detto sistema in caso di evento indicato dall’autorità giudiziaria.

Infine, assegnava termine alle parti anche per presentare memorie vertenti sui profili di inammissibilità dedotti d’ufficio e rinviava, per il prosieguo della trattazione, all’udienza camerale del 5.6.2024.

Si costituiva in giudizio l’amministrazione comunale di (Omissis) eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame e depositando copia dell’atto di stipula della trattativa diretta n. 3159496 intercorsa sulla piattaforma “MEPA” con l’impresa “Al.” s.r.l.s. ed avente ad oggetto l’affidamento del servizio di videosorveglianza per 8 mesi (prorogabile per altri 4) a decorrere dal 26.8.2022.

Con ordinanza n. 12445 del 18.6.2024 – assunta in seguito alla camera di consiglio tenutasi il 5.6.2024 – il Collegio, lette le memorie di parte ricorrente del 31.5.2024 e rilevato che la data di decorrenza dell’atto di affidamento sopra menzionato è posteriore a quella di verificazione del sinistro stradale al quale deve riferirsi l’interesse all’accesso vantato da parte ricorrente, disponeva di chiedere nuovamente al comune di (Omissis) chiarimenti in ordine al soggetto al quale, alla data del sinistro anzidetto (25.2.2022), fosse stato affidato il servizio in questione, onerando altresì parte ricorrente della notificazione del gravame al soggetto che, alla luce delle indicazioni rese dall’amministrazione resistente, risulterà essere stato l’affidatario del contratto de quo alla data da ultimo indicata, infine rinviando per il prosieguo alla camera di consiglio dell’11.11.2024.

Entro il termine assegnato dal Collegio il comune resistente depositava in giudizio determinazioni dirigenziali (dalle quali si evinceva che il servizio in parola risultava affidato alla “Al.” s.r.l.s. per l’intero anno 2021 e, a partire dal 26.8.2022 e per successivi 8 mesi, prorogabili di ulteriori 4), mentre la ricorrente provvedeva all’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’impresa summenzionata la quale tuttavia, pur ritualmente evocata, rimaneva estranea al presente giudizio.

Infine, alla camera di consiglio dell’11.11.2024, parte ricorrente dichiarava a verbale soddisfatto il proprio interesse mercé l’ostensione, spontaneamente disposta dalla ditta affidataria della gestione del servizio di videosorveglianza, della documentazione oggetto della richiesta di accesso agli atti avanzata il 29.11.2023, ad eccezione dei documenti di cui ai numeri 3) e 7) della cennata istanza (ossia la dichiarazione di conformità del sistema di videosorveglianza remoto redatta dall’impresa installatrice ai sensi della Legge 46/1990 e/o del D.M. 37/2008 e l’ atto di designazione del soggetto autorizzato all’estrazione delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza remoto in caso di evento che ha interessato l’Autorità Giudiziaria), in ordine ai quali la medesima dichiarava persistere il proprio interesse all’impugnazione del diniego tacito di accesso meglio esplicitando l’esigenza di acquisizione documentale, sottesa alla predetta istanza e consistente nell’espletamento di investigazioni difensive utili per ottenere la riapertura del procedimento penale, allo stato concluso, per l’accertamento delle responsabilità in ordine al sinistro occorso al proprio dante causa.

La causa passava così in decisione.

Preliminarmente il Collegio dà atto della sopravvenuta soddisfazione dell’interesse vantato dalla ricorrente in ordine ai documenti formanti oggetto della richiesta di accesso del 29.11.2023, ad eccezione di quelli di cui ai nn. 3) e 7).

Per questi, quindi, va dato atto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 34, comma 5 c.p.a.

Il giudizio prosegue, però, con riferimento ai documenti n. 3) e 7) dell’originaria richiesta di accesso, in ordine ai quali il Collegio ritiene di osservare quanto segue.

Come noto, il tema del rapporto tra l’accesso ai documenti previsto dalla l. n. 241/1990 e gli strumenti di acquisizione probatoria disponibili, a vario titolo, nel processo civile ed in quello penale è stato scandagliato a fondo, con riferimento agli artt. 210,211 e 213 cod. proc. civ., e 155-sexies disp. att. cod. proc. civ. e 492-bis cod. proc. Civ., dalle pronunce nn. 19, 20 e 21 del 2020 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, i quali lo hanno ricostruito nei termini di un rapporto di complementarietà tra i due istituti, e non di reciproca esclusione, osservando che “L’accesso difensivo ha una duplice natura giuridica, sostanziale e processuale. La natura sostanziale dipende dall’essere, l’accesso, una situazione strumentale per la tutela di una situazione giuridica finale (Adunanza plenaria n. 6/2006); la natura processuale consiste nel fatto che il legislatore ha voluto fornire di ‘azione’ la ‘pretesa’ di conoscenza, rendendo effettivo e, a sua volta, giuridicamente tutelabile e giustiziabile l’eventuale illegittimo diniego o silenzio (v. l’art. 116 cod. proc. amm.). Viceversa, gli strumenti di acquisizione probatoria, sia quelli generali di cui agli artt. 210,211 e 213 cod. proc. civ., sia quelli particolari di cui agli artt. 155-sexies disp. att. cod. proc. civ. e 492-bis cod. proc. civ., si muovono esclusivamente sul piano e all’interno del processo; sono assoggettati alla prudente valutazione del giudice; eventuali rigetti non sono autonomamente impugnabili o ricorribili, potendo gli eventuali vizi dell’istruttoria rilevare come motivi di impugnazione della sentenza.

Di conseguenza, il naturale corollario è che l’eventuale rigetto dell’istanza di esibizione di un documento della pubblica amministrazione, proposta ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ., non si pone in contrasto, né elude la ratio legis contenuta negli artt. 22 e ss. L. n. 241 del 1990, poiché le due disposizioni operano su un piano diverso, avendo la L. n. 241 del 1990 assunto l’interesse del privato all’accesso ai documenti come interesse sostanziale, mentre l’acquisizione documentale ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. costituisce esercizio di un potere processuale e l’acquisizione del documento resta pur sempre subordinata alla valutazione della rilevanza dello stesso, ai fini della decisione, da parte del giudice al quale spetta di pronunciarsi sulla richiesta istruttoria ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. (…).

Alla luce del richiamato quadro normativo processualcivilistico, al potere istruttorio di adottare ordini di esibizione ex artt. 210,211 cod. proc. civ. oppure di formulare richieste di informazioni alla pubblica amministrazione ex art. 213 cod. proc. civ., deve quindi attribuirsi natura sussidiaria e residuale rispetto alla possibilità, pratica o giuridica, che la parte abbia di procurarsi da sé, fuori dal processo (quindi anche attraverso lo strumento dell’accesso documentale difensivo ex art. 24, comma 7, L. n. 241 del 1990), le prove precostituite idonee a dimostrare i fatti da essa allegati, né i menzionati poteri processuali possono essere esercitati per supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante.

Ne deriva che la disciplina degli strumenti processualcivilistici di esibizione istruttoria ex artt. 210,211 e 213 cod. proc. civ., quale interpretata e applicata da costante e consolidata giurisprudenza di legittimità, lungi dal costituire un limite all’esperibilità dell’accesso documentale difensivo ex L. n. 241 del 1990 prima o in pendenza del giudizio sulla situazione giuridica ‘finale’, tutt’al contrario sembra presupporre (e in qualche modo imporre) il suo previo esperimento, essendo tali mezzi di prova configurati come strumenti istruttori tendenzialmente residuali rispetto alle forme di acquisizione dei documenti da parte dei privati sulla base di correlative discipline di natura sostanziale anche in funzione della loro produzione in giudizio.

L’esclusione dell’ammissibilità dell’accesso documentale difensivo, in via generale ed astratta, con richiamo alla disciplina processualcivilistica dell’esibizione istruttoria – la quale, seguendo la tesi ‘restrittiva’, dovrebbe ritenersi in ogni caso prevalente e assorbente -, è operazione ermeneutica che finirebbe per incidere in modo pregiudizievole sull’effettività del diritto alla tutela giurisdizionale e sul diritto alla prova intesi in senso lato, implicanti la facoltà della parte di usare tutti gli strumenti offerti dall’ordinamento, e tra questi l’accesso documentale, per influire sull’accertamento del fatto sia in sede stragiudiziale e nella fase preprocessuale, sia poi eventualmente in sede processuale, a ‘cura’ e ‘difesa’ della situazione giuridica soggettiva ‘finale’ asseritamente lesa”.

Così ricostruito il tema dei rapporti tra accesso c.d. ‘difensivo e strumenti di acquisizione probatoria propri, nello specifico, del rito civile, le citate pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato hanno comunque avuto cura di precisare che “Diversa questione, di carattere sostanziale e concernente il grado di protezione degli interessi coinvolti, è quella dell’accessibilità della tipologia dei dati in relazione ad altri interessi da bilanciare (per esempio, riservatezza, nei limiti in cui vi siano spazi riconosciuti dall’ordinamento a tale profilo in relazione all’accesso difensivo) o alla stessa tutelabilità dell’interesse alla conoscenza di quei dati, alla luce dei sopra esposti canoni, da declinare in astratto e con riferimento alla situazione concreta, di necessità, di corrispondenza e di collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza, come illustrati supra al paragrafo 9.2 e che sono da valutare, in primo luogo, dalla stessa amministrazione cui è rivolta l’istanza di accesso”.

Ribadito, quindi, che l’interesse alla conoscenza dei dati contenuti in un documento amministrativo assume concreta consistenza alla luce dei canoni di necessità, corrispondenza e collegamento del documento con la situazione giuridica da tutelare in giudizio, le decisioni sopra menzionate così declinano i tre canoni in questione.

La necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento “determina il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’, nel senso che l’ostensione del documento amministrativo deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite – in questo senso strumentale – per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti (principali e secondari) integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica ‘finale’ controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio. La delibazione è condotta sull’astratta pertinenza della documentazione rispetto all’oggetto della res controversa”.

La corrispondenza intesa come “giudizio di sussunzione” (..) “tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale”.

il collegamento come “nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l’ostensione, e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite”, esigenza soddisfatta “dal successivo art. 25, comma 2, L. n. 241 del 1990, ai sensi del quale “la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata”. La volontà del legislatore è di esigere che le finalità dell’accesso siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (…), onde permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione ‘finale’ controversa. In questa prospettiva, pertanto, va escluso che possa ritenersi sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando”.

Tutto quanto sopra premesso, applicando le coordinate ermeneutiche sopra esposte al caso oggetto dell’odierno contenzioso, pare al Collegio che, alla luce delle precisazioni rese a verbale dalla parte ricorrente in occasione dell’udienza camerale di discussione del gravame dell’11.11.2024, il ricorso sia fondato e vada accolto.

Infatti parte ricorrente, lungi dal formulare un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie, ha esplicitamente manifestato la concreta necessità difensiva dei documenti oggetto della richiesta di esibizione, consistente nell’acquisizione dei suddetti documenti al fine di dimostrare l’insufficienza delle riprese estratte dal sistema di videosorveglianza comunale a corroborare le conclusioni raggiunte, una prima volta, dal consulente tecnico del pubblico ministero in occasione del procedimento penale avviato (e poi archiviato) per il sinistro occorso al proprio dante causa e, per tal via, ottenere una riapertura delle indagini.

Esigenza questa a soddisfare la quale, alla luce del giudizio prognostico ex ante predicato dalle sopra citate sentenze del giudice amministrativo d’appello, correttamente si presta l’accesso ai documenti richiesto dalla parte e rimasto inevaso dal comune di (Omissis), in relazione al quale non possono pertanto dirsi integrati i casi di esclusione dall’accesso normativamente previsti all’art. 24, l. n. 241/1990 né tantomeno, per le ragioni sopra illustrate, può ritenersi escluso l’accesso ‘difensivo’ stante la parallela presenza, nell’ordinamento processualpenalistico, dello strumento di acquisizione probatorio disciplinato dall’art. 391-quater c.p.p.

In proposito, infatti, può ormai dirsi consolidato l’insegnamento pretorio reso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato a mente del quale il rapporto tra l’accesso ‘difensivo’ e gli strumenti di acquisizione probatoria previsti dai codici di rito civile e penale va ricostruito in termini di complementarietà e nell’ottica di un percorso di progressivo ampliamento delle tutele del cittadino.

In definitiva, quindi, il gravame merita accoglimento in relazione ai documenti di cui ai numeri 3) e 7) della richiesta di accesso agli atti inoltrata al comune resistente e rimasta priva di riscontro.

Infine, quanto alla regolazione delle spese di lite, ritiene il Collegio che la non comune particolarità della vicenda fattuale sottesa all’odierno giudizio giustifichi la compensazione integrale delle spese processuali tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– dichiara cessata la materia del contendere con riferimento ai documenti di cui ai numeri 1), 2), 4), 5), 6) e 8);

– accoglie il ricorso e, conseguentemente, condanna il comune di (Omissis) a consentire l’accesso, nelle modalità di legge, ai documenti di cui ai numeri 3) e 7) della richiesta presentata dalla ricorrente il 29.11.2023.

Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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