La bozza del parere della Corte Suprema americana sul diritto all’aborto

di DOTT.SSA SOFIA PIERMARIOLI

Qualche giorno fa, è stata divulgata la notizia riguardo il parere favorevole, espresso dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, alla revisione della storica sentenza Roe v. Wade del 1973 che sancisce il diritto costituzionale all’aborto negli Stati Uniti, stante l’assenza di una legge unica che ne regoli le modalità in ciascuno stato.

La “Roe v. Wade” è stata confermata in varie occasioni proprio dalla Corte Suprema e un’ulteriore sentenza del 1992 stabilisce il diritto ad abortire fino al momento in cui il feto può sopravvivere da solo fuori dall’utero, generalmente considerato attorno alle 24 settimane.
Notizia, dunque, che sicuramente ha creato molti rumors e che ha lasciato parecchi di noi sgomenti. Il parere dei giudici è stato formulato in riferimento al caso Dobbs vs. Jackson Women’s Orgsnization, il quale pone al centro del dibattito una legge del Mississippi approvata nel 2018, che proibisce gli aborti dopo la quindicesima settimana e che sostiene che ciascuno stato debba essere libero di decidere se e quando vietare l’aborto, ponendosi in contrasto con le sentenze sopra citate. Infatti, ciò che chiede il Mississippi è di respingere e ribaltare tali sentenze, grazie alle quali era stato legalizzato l’aborto in tutti gli Stati Uniti, il cui accesso è questione di diritti umani ed è riconosciuto dal diritto internazionale, secondo cui ogni persona ha diritto alla vita, diritto alla salute e diritto ad essere libero dalla violenza, dalla discriminazione e dalla tortura o da altri trattamenti crudeli, disumani e degradanti.

Tali diritti vennero riconosciuti già a partire dal 1948, anno in cui fu firmata la “Convenzione Universale dei diritti dell’uomo”, che può essere considerata la madre di tutte le successive Convenzioni internazionali con portata vincolante (Convenzioni sul genocidio del 1948; la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950; la Convenzione sui rifugiati del 1951; i due Patti delle Nazioni Unite del 1966, ossia il Patto sui diritti civili e politici e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali; e la Convenzione contro la tortura del 1984) che regolano i rapporti tra gli Stati ed il perno attorno al quale si muove il mondo dei diritti fondamentali. L’importanza di questa Convenzione è data dal fatto che riconosce ed afferma per la prima volta nella storia dell’umanità i diritti fondamentali ed inalienabili di ogni essere umano a cui appartengono per la sola ragione di essere al mondo, senza distinzione alcuna.

Se la Corte volesse veramente correggere tale orientamento, così come dice di voler fare, andrebbe a sopprimere un diritto così importante, cioè quello dell’aborto, che è costituzionalmente tutelato e protetto, da porre in pericolo i diritti civili degli americani, diritti che attengono alla personalità dell’individuo. Invero, nella sfera di questi, all’individuo è garantito un ambito di arbitrio, purché il suo agire non violi i diritti civili degli altri individui. Per tale ragione, i diritti civili obbligano gli Stati a un atteggiamento di astensione.

Le conseguenze principali sarebbero soprattutto per gli stati americani più conservatori, che negli ultimi anni avevano già limitato notevolmente l’accesso all’aborto e che potrebbero decidere di vietarlo del tutto, privando così milioni di donne dell’unico strumento legale che tutela il loro diritto di abortire. Anche se le previsioni dei vari istituti americani che si occupano di salute riproduttiva variano leggermente, si stima che l’aborto diventerebbe illegale in circa la metà di loro, tra cui Alabama, Texas, Oklahoma e appunto Mississippi, alcuni di quelli in cui già ora è permesso in pochissimi casi.

Ma soprattutto, in mancanza di una legge federale che al momento non sembra in discussione, diventerebbe una materia completamente soggetta alle scelte politiche dei singoli stati, per cui negli anni il diritto all’aborto potrebbe cambiare in continuazione da stato a stato in base agli orientamenti dei governi locali.

1

Un atteggiamento del genere si porrebbe in contrasto sicuramente con la “Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna” del 1979, documento di natura vincolante, che affronta in modo comprensivo e coerente il tema della discriminazione contro le donne in tutti gli aspetti della società. Essa contiene una definizione completa e comprensiva del concetto di discriminazione, non limitata solamente al piano formale o giuridico, ma include anche qualsiasi trattamento o condizione che nei fatti impedisca alle donne di godere appieno dei loro diritti su base paritaria rispetto agli uomini, volendo riconoscere alle donne il godimento della piena uguaglianza e quindi della piena realizzazione dei diritti garantiti a tutti gli individui.

A parere di chi scrive, il solo fatto che ancora nel 2022 si discuta sul riconoscimento del diritto all’aborto, si ritiene che sia alquanto deludente e sconfortante, non solo perché la donna dovrebbe essere libera di prendere decisioni autonome riguardanti il suo corpo, ma anche perché si deve tenere in considerazione che così facendo si incentivano pratiche clandestine, che espongono le donne ad altissimi rischi per la salute e per la vita stessa.

I diritti sessuali e riproduttivi chiariscono che ogni essere umano dovrebbe essere libero da ogni forma di violenza sessuale, inclusi stupro, mutilazioni genitali femminili, gravidanza forzata, aborto forzato e sterilizzazione forzata.
L’accesso a servizi di aborto sicuro è un diritto umano. Il diritto internazionale dei diritti umani garantisce che le decisioni sul proprio corpo devono essere fatte dal singolo nel rispetto del diritto all’autonomia e all’integrità corporea.

Costringere qualcuno a condurre una gravidanza indesiderata, o costringerlo a cercare un aborto non sicuro, è una violazione dei diritti umani, inclusi i diritti alla privacy, all’autonomia e all’integrità corporea. In molte circostanze, coloro che non hanno altra scelta che ricorrere ad aborti non sicuri rischiano anche di essere perseguiti e puniti, inclusa la reclusione, e possono affrontare trattamenti crudeli, disumani e degradanti, discriminazioni e l’esclusione dall’assistenza sanitaria post-aborto. L’accesso all’aborto è quindi collegato alla protezione e al rispetto dei diritti umani di donne, ragazze e altre persone che possono rimanere incinte, al fine del raggiungimento della giustizia sociale e di genere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.