Il garante della Privacy vieta il software di controllo dei lavoratori del customer care Sky

di AVV. TOMMASO ROSSI

Il Garante per la privacy ha dichiarato illecito [VISUALIZZA DOCUMENTO] e ha vietato l’ulteriore trattamento di dati effettuato da Sky Italia senza aver fornito agli operatori di customer care una completa informativa sul funzionamento di un sistema che gestisce le chiamate degli abbonati, e senza aver stipulato uno specifico accordo sindacale.

La vicenda. Dagli accertamenti effettuati dall’Autorità, intervenuta a seguito della segnalazione di una organizzazione sindacale e di alcuni dipendenti addetti al call center, è emerso che il sistema non si limita ad associare, come sostenuto dalla società, la chiamata e l’anagrafica del cliente per facilitare la gestione della richiesta dell’abbonato, ma consente “ulteriori elaborazioni” (memorizzazioni di dati personali degli operatori ed estrazione di report). Attraverso questo sistema infatti la società è in grado di risalire all’identità del dipendente attraverso l’associazione del “codice operatore” con altre informazioni relative alla sua attività lavorativa ( il tipo di operazione svolta, la durata della chiamata, data e orario di termine della chiamata) o mediante l’eventuale incrocio tra informazioni conservate in sistemi separati.

Il provvedimento del Garante. Il software – afferma il Garante – permette di ricostruire anche indirettamente l’attività svolta da centinaia di operatori del call center e rappresenta un sistema di controllo, anche se potenziale e indiretto, dell’attività lavorativa. Oltre alla disciplina di protezione dati il sistema viola anche la disciplina lavoristica sull’impiego di strumenti dai quali possa derivare il controllo a distanza dei lavoratori. Il sistema, contrariamente a quanto affermato dalla società, non può essere considerato uno “strumento di lavoro” per la sola gestione del contatto con il cliente e dunque utilizzato dall’operatore per rendere la prestazione, perché rientra piuttosto – a parere del Garante – tra gli “strumenti organizzativi” per soddisfare esigenze organizzative e produttive del datore di lavoro dai quali può derivare il controllo a distanza dei lavoratori. E, data la loro invasività, prima di impiegare questi strumenti la società avrebbe dovuto attivare tutte le procedure previste dallo Statuto dei lavoratori (accordo sindacale o in mancanza di questo autorizzazione delle direzioni territoriali del lavoro), procedure che non sono state espletate. Tutto ciò senza che la società avesse fornito ai dipendenti una informativa completa e dettagliata sulle effettive modalità e finalità delle operazioni di trattamento rese possibili dall’applicativo. L’Autorità si è riservata di valutare con un autonomo procedimento l’applicazione di sanzioni amministrative per gli illeciti riscontrati.

Il commento. Sempre di più l’autorità Garante per la Privacy si sta occupando negli ultimi tempi di tutte quelle forme di controllo del lavoro tramite strumenti organizzativi digitali o tecnologici che in qualche maniera, oltre a violare la normativa sulla privacy, aggirano i divieti posti dalla normativa lavoristica sul controllo del dipendente. L’attenzione dell’Autorità Garante a queste tematiche dimostra- se mai ce ne fosse bisogno- come le autority indipendenti sono spesso molto “più avanti” su tematiche fondamentali per il cittadino e per il lavoratore di quanto non siano gli organi della politica, lenti e “impastati” . E di quanto un approccio pragmatico, tecnico e non ideologico sia, davvero, molto spesso, la vera soluzione per tutelare i diritti.

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