Prosek, prosecco e la tutela dell’Italian Sounding nella disciplina europea

di AVV. TOMMASO ROSSI

Il Prosecco e l’Italia si schierano contro il Prosek croato. Ancora una volta il fenomeno chiamato “Italian Sounding” torna a far tremare (di rabbia) i produttori italiani di cibi e bevande che contraddistinguono per la loro qualità e il gusto inconfondibile il nostro “Bel Paese”.

La notizia è di questi giorni. E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue del 22 settembre la domanda di protezione della menzione tradizionale «Prosek», avanzata dalla Croazia a norma dell’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo.  Le parti interessate, a norma dell’articolo 22 del regolamento di esecuzione (UE) 2019/34 della Commissione, hanno ora a disposizione due mesi dalla data di pubblicazione per presentare un’obiezione motivata, che la Commissione analizzerà prima di adottare la sua decisione.

Già a giugno la Commissione Ue aveva posto all’attenzione dei membri un documento di lavoro con la domanda di protezione della menzione tradizionale Prosek, ai sensi dell’articolo 112, lettera b), del regolamento (UE) n. 1308/2013. Per menzione tradizionale deve intendersi l’espressione usata tradi­zionalmente negli Stati membri,  per indicare:

a)  che il prodotto reca una denominazione di origine protetta o un’indicazione geografica protetta dal diritto unionale o na­zionale,

b)  il metodo di produzione o di invecchiamento oppure la qualità, il colore, il tipo di luogo o ancora un evento parti­colare legato alla storia del prodotto a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta.

Per completezza ricordiamo che:

  • Per “denominazione d’origine” si intende il nome di una regione, di un determinato luogo e in certi casi di un Paese, che distinguono un determinato prodotto agricolo o alimentare originario di quel luogo, e le cui qualità o i tratti distintivi sono dovuti essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico, inclusi i fattori naturale e umani, e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono in tale zona geografica.

  • Per “indicazione geografica”, invece, si deve intendere il nome di una regione, di un luogo specifico o in certi casi di un Paese che serve a individuare un determinato prodotto agricolo o alimentare come originario di tale luogo e del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono in tale zona geografica.

Per ottenere entrambi i riconoscimenti un prodotto deve essere conforme ad un determinato disciplinare di produzione tipico di quel prodotto e occorre che sia portato a termine un iter procedurale di richiesta molto complesso che passa prima attraverso la presentazione della domanda ai competenti organi dello Stato interessato e poi alla Commissione Europea che verifica in ultima istanza la presenza di tutti i richiesti requisiti.

L’Italia, nel corso del Comitato di gestione Ue del 29 giugno, si era fermamente opposta all’ipotesi di riconoscere a livello europeo il vino croato, in quanto sostanzialmente il termine Prosek altro non è che la traduzione del nome Prosecco, che gode di ben tre denominazioni registrate italiane. Un sì da parte della Commissione europea viene considerato dall’Italia un potenziale precedente pericolosissimo, in cui di fatto si istituzionalizzerebbe (e si darebbe addirittura un riconoscimento di “protezione europea”) il fenomeno (molto e a fatica contrastato) dell’Italian sounding. Secondo la richiedente “Il «Prošek» è un vino prodotto con uve tecnologicamente sovramature e appassite che devono contenere almeno 150° Oe (gradi Oechsle) di zucchero. Esso può essere rosso o bianco. Il colore può variare dal giallo scuro con tonalità di oro vecchio fino a rossastro con sfumature brune. Con la maturazione il «Prošek» sviluppa tonalità diverse a causa dell’invecchiamento ossidativo. La fragranza è descritta come un aroma di frutta sovramatura con una lieve nota di legno e un aroma di leggera ossidazione. Il gusto del «Prošek» è caratterizzato da una pienezza che deriva in gran parte dall’elevato tenore di zuccheri residui (glucosio e fruttosio) e in misura minore dall’etanolo”.

Che cos’è l’Italian Sounding?  Proviamo a spiegarlo semplicemente con questo elenco (che non è una lista della spesa!):

Parmigiano Reggiano: Parmesan, Regianito, Parmesao, Parmesello. Grana Padano: Italian Grana, Grana Parrano.

Mozzarella e Mozzarella di Bufala: Zottarella, Fresh Buffalo. 

Chianti: Chianticella, Vit Chianti.  Prosecco: Kresecco, Crisecco, Consecco, Prosek, Whitesecco. 

Pecorino: Romanello, Romano Cheese Gorgonzola: Cambozola . Asiago: Asiago Cheese

 Prosciutto San Daniele: San Daniele Ham – Jambon. Salame: Salama Milano, Salama Napoli, Salami

 

Tempo fa avevo scritto un approfondimento sulla tematica della tutela delle indicazioni geografiche protette a seguito della sentenza emessa il 7/6/2018 dalla Corte di Giustizia Europea nella causa C-44/2017 tra la Scotch Whisky Association e la ditta tedesca Glen Buchenbach (CLICCA PER LEGGERE), sentenza che da cui è forse partita l’opera di  depotenziamento della tutela sulle indicazioni geografiche protette di un prodotto alimentare rispetto agli illegittimi utilizzi “evocativi” da parte di altri prodotti alimentari non rientranti in tale tutela comunitaria. E che, addirittura oggi porta la Croazia a richiedere all’UE un riconoscimento del suo prodotto.

Per la Corte europea, nella citata sentenza, devono essere  i Giudici chiamati a decidere il caso concreto a dover valutare, sulla base di indicatori di riferiment, se il “Consumatore europeo medio” in presenza della denominazione controversa sia indotto a pensare che quel prodotto che la utilizza impropriamente rientri nei prodotti IGP.

Secondo la Corte CE,  l’articolo 16, lettera b), del regolamento n. 110/2008 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un’«evocazione» di un’indicazione geografica registrata, spetta al giudice valutare se il consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in presenza della denominazione controversa sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, la merce che beneficia dell’indicazione geografica protetta.

Nell’ambito di tale valutazione detto giudice, in mancanza, in primo luogo, di una similarità fonetica e/o visiva della denominazione controversa con l’indicazione geografica protetta e, in secondo luogo, di un’incorporazione parziale di tale indicazione in tale denominazione, deve tener conto, se del caso, della somiglianza concettuale fra detta denominazione e detta indicazione.

Nel caso croato, dunque, si chiede il riconoscimento a livello europeo di un vino la cui “storia” e “tipicità” affonda le radici unicamente nell’analogia del nome, mentre ben diverso appare già nella descrizione presente nella domanda di riconoscimento, molto banale e generica a differenza di quello che è il Disciplinare del Prosecco che riportiamo di seguito:

La denominazione “Prosecco Doc” si applica, solo a vini bollicine che vengono dalle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia. In particolare dalle province di Belluno, Padova, Treviso, Venezia, Vicenza per il Veneto, e Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine per il Friuli. Il vino deve essere sempre ottenuto da uve di vitigno Glera, mentre solo un 15% al massimo di esso può risultare proveniente da vitigni come Verdisio, Bianchetta Trevigiana, Perera, Glera lunga, Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Pinot nero.

Per quanto riguarda la gradazione alcolica, invece, deve attestarsi intorno ad un minimo di 10,5% vol. per il Tranquillo e per il Frizzante, con un colore giallo paglierino ed un odore tipico delle uve di provenienza, mentre il sapore dovrà risultare fresco, da amabile a secco. Per il Prosecco Spumante invece il minimo alcolico fissato è intorno agli 11 gradi, il colore dovrà essere sempre giallo paglierino, ma più intenso e brillante rispetto al Prosecco tranquillo, la spuma dovrà risultare persistente e l’odore fine e caratteristico. Il sapore dello Spumante viene invece classificato dal Disciplinare da brut nature (cioè zero zuccheri) fino a demi-sec (Dry).

Un vino Prosecco Doc può essere commercializzato solo in bottiglie scure di vetro, chiuse con tappo raso bocca. Per le bottiglie più piccole (fino a 375 ml) viene ammesso anche il tappo a vite. Per il Prosecco Spumante, invece vengono seguite le norme dell’Ue, che prevedono l’uso di tappi in sughero con percentuale non inferiore al 51%. Anche in questo caso, per le bottiglie più piccole (fino a 200 ml) viene consentito il tappo a vite, insieme con un sovratappo a fungo oppure in plastica. In etichetta possono essere riportate (ma non è obbligatorio) l’annata di produzione e la zona, intesa come regione e provincia di provenienza dei vitigni.

Attendiamo la decisione della Commissione Europea e, intanto, godiamoci i prodotti locali italiani.

 

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