Diritto all’oblio anche per chi si riabilita dopo una condanna

La permanenza in rete di notizie di cronaca giudiziaria non aggiornate può rappresentare un ostacolo al reinserimento sociale di una persona. Il diritto all’oblio va riconosciuto anche a chi è stato riabilitato dopo una condanna.

Il principio è stato affermato dal Garante privacy, che ha ordinato a Google la rimozione di due Url che rimandavano ad informazioni giudiziarie non più rappresentative della attuale situazione di un imprenditore. L’interessato, dopo aver tentato di far deindicizzare le pagine direttamente a Google, si era rivolto all’Autorità lamentando il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla permanenza in rete di informazioni obsolete e non aggiornate. Per questo motivo aveva chiesto al Garante di ordinare a Google la rimozione dai risultati di ricerca di due Url, reperibili digitando il proprio nominativo, che contenevano informazioni su una vicenda giudiziaria che lo aveva visto coinvolto nel 2007 e sulla sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti nel 2010. Nelle pagine web però non vi era alcuna traccia della successiva riabilitazione che l’uomo aveva chiesto e ottenuto nel 2013.

Nel giudicare fondato il reclamo ed ordinare la deindicizzazione, l’Autorità ha ritenuto che l’ulteriore trattamento dei dati realizzato attraverso la persistente reperibilità in rete degli Url contestati – nonostante la riabilitazione e il tempo trascorso dal verificarsi dei fatti – determinasse un impatto sproporzionato sui diritti dell’interessato, che non risulta bilanciato da un attuale interesse del pubblico a conoscere la vicenda.

La persistenza in rete di tali informazioni giudiziarie non aggiornate, infatti, non è in linea con i principi alla base dell’istituto della riabilitazione, il quale, pur non estinguendo il reato, comporta il venir meno delle pene accessorie e di ogni altro effetto penale della condanna come misura premiale finalizzata al reinserimento sociale della persona.

(fonte: Newsletter Ufficio del Garante per la Protezione dei Dati Personali)

 

DI SEGUITO IL PROVVEDIMENTO:

Provvedimento del 24 luglio 2019

Registro dei provvedimenti
n. 153 del 24 luglio 2019

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante e regolarizzato in data 19 febbraio 2019, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, con il quale XX ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al suo nominativo, di due URL collegati a pagine contenenti informazioni riguardanti una vicenda giudiziaria nella quale il medesimo è stato coinvolto nel 2010, non reputando sussistente un attuale interesse del pubblico alla conoscibilità di essa;

CONSIDERATO che l’interessato ha, in particolare, rappresentato:

il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla permanenza in rete di informazioni ormai obsolete, tenuto conto del tempo decorso dai fatti e dell’avvenuta pronuncia, nei suoi confronti, di una sentenza con la quale è stata disposta l’applicazione di una pena ad otto mesi di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della stessa;

di aver chiesto ed ottenuto, nell’anno 2013, la riabilitazione in merito alla pena relativa al procedimento in cui è stato coinvolto e di non aver più subito “indagini o accuse per tali fatti”;

di non rivestire alcuna carica pubblica tale da giustificare la reperibilità in rete di tali informazioni;

VISTA la nota dell’8 marzo 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo;

VISTA la nota del 25 marzo 2019 con la quale Google LLC, rappresentata e difesa dagli avv.ti XX, XX ed XX, ha comunicato:

di non poter accogliere la richiesta di rimozione avanzata dal reclamante ritenendo non sussistenti i presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio, tenuto conto del fatto che i relativi URL rinviano a notizie riguardanti “fattispecie criminose particolarmente gravi” per le quali il medesimo ha patteggiato la pena, risalenti a meno di dieci anni fa (2010) e da ritenersi di interesse pubblico in quanto attinenti all’attività imprenditoriale da esso tuttora svolta;

che la riabilitazione ottenuta dall’interessato “estingue alcuni effetti penali della condanna, ma non estingue il reato né, ovviamente, conferisce a un soggetto il potere di censurare le notizie sulla sua precedente condanna”;

VISTA la nota del 1° aprile 2019 con la quale il reclamante, nel contestare le deduzioni di controparte, ha rilevato che:

il “fatto risale ad un episodio verificatosi nel 2007” e che la successiva sentenza è stata pronunciata nel 2010;

la notizia non è più attinente alla professione svolta in quanto l’attività ad oggi esercitata riguarda il commercio e la produzione di beni diversi da quelli in relazione ai quali è stata applicata a suo tempo la pena;

ha ottenuto la riabilitazione avendo dato prova di buona condotta, riparando altresì il danno economico a lui contestato;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

come comunicato da Google alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all’interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli URL indicati nell’atto introduttivo in quanto reperibili in associazione al nominativo dell’interessato, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO che:

il procedimento a suo tempo attivato contro il reclamante si è concluso, nel 2010, con l’applicazione della pena su richiesta delle parti che è stata determinata nella misura di otto mesi con il beneficio della sospensione condizionale della stessa;

l’interessato nel 2013 ha ottenuto la riabilitazione sulla base di una valutazione che ha tenuto conto, oltre che del tempo decorso dalla determinazione della pena, anche della condotta medio tempore tenuta dal condannato; tale istituto, infatti, pur non estinguendo il reato, comporta il venir meno delle pene accessorie e di ogni altro effetto penale della condanna come misura premiale finalizzata al reinserimento sociale del reo;

tale circostanza, unitamente al lasso di tempo decorso dal verificarsi dei fatti, implica che l’ulteriore trattamento dei dati dell’interessato, posto in essere mediante la perdurante reperibilità in rete degli URL contestati, determina un impatto sproporzionato sui diritti del medesimo che non risulta bilanciato da un attuale interesse del pubblico a conoscere della relativa vicenda (cfr. punto 8 della parte II delle Linee Guida), tenuto anche conto del fatto che i citati articoli non risultano aggiornati con riguardo agli sviluppi successivi della stessa (cfr. punto 7 della parte II delle Linee Guida);

RITENUTO di dover considerare il reclamo fondato in ordine a tale richiesta e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, gli URL individuati nell’atto di reclamo quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato;

RILEVATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

RITENUTO che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, in ordine alle violazioni e alle misure adottate nel caso di specie in conformità all’art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Licia Califano;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento dichiara il reclamo fondato e, per l’effetto, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g) del medesimo, ingiunge a Google LLC di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, gli URL indicati nell’atto introduttivo quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato.

Il Garante, ai sensi dell’art. 157 del Codice, invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all’art. 166 del Codice.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell’interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 24 luglio 2019

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Califano

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

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