Furto in supermercato: quando è aggravato dall’esposizione a pubblica fede?

di DOTT.SSA SERENA CANTARELLI

Spesso, nel caso di furto in supermercato, occorre difendere il proprio cliente dalla contestazione di furto di beni aggravato dall’esposizione delle cose a pubblica fede di cui agli articoli 624 e 625 del codice penale.

Di recente abbiamo affrontato un caso adatto a chiarire la questione: l’imputato Tizio era stato sorpreso a rubare della merce esposta sui banconi di un grande supermercato. La cassiera, testimone principale dell’evento, aveva riferito di aver seguito l’imputato all’interno dell’edificio poiché, sin dal suo ingresso, lo stesso si era comportato in modo sospetto. Dunque, la cassiera aveva osservato Tizio prelevare la merce, nasconderla sotto la giacca e oltrepassare le casse senza pagare.

L’art. 624 c.p. punisce la condotta di chi “s’impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri”; la pena è aumentata qualora ricorrano una o più circostanze aggravanti ad effetto speciale tra quelle previste dall’art. 625 c.p.

In particolare, l’art. 625, comma 1 n. 7) c.p. sanziona con maggiore severità il furto avente ad oggetto “cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede”.

Con la sentenza n. 8331 del 13.7.2015 la Corte di Cassazione penale ha chiarito che la pubblica fede consiste, agli effetti della legge penale, nel “senso di affidamento verso la proprietà altrui nel quale confida colui che debba lasciare un bene incustodito”.

La ratio di tale aggravante è facilmente individuabile nell’intenzione di assicurare una maggiore tutela alle cose mobili che vengono lasciate prive di custodia continua e diretta da parte del proprietario.

Tuttavia, l’applicazione di tale aggravante è particolarmente discussa nell’ipotesi di furto di merce esposta per la vendita all’interno dei supermercati. Se la giurisprudenza è, infatti, sostanzialmente concorde nel ritenere necessaria, ai fini dell’esclusione dell’aggravante, la presenza di una custodia continua e diretta sul bene (a titolo d’esempio, v. Cass. pen., sez. V, 14.11.2014, n. 6416; Cass. Pen., sez. V, 22.01.2010, n. 8019; Cass. Pen., sez. V, 20.09.2006, n. 34009); la stessa non è altrettanto concorde nel stabilire quando la presenza di un sistema di sorveglianza possa dirsi continuo e diretto e, quindi, idoneo ad escludere l’esposizione dei beni alla pubblica fede.

Così, ad esempio, riguardo alla sottrazione di merce dotata della c.d. placca antitaccheggio, vi sono due distinti orientamenti giurisprudenziali: uno, più tradizionale, che ritiene che la placca non sia idonea al controllo costante e diretto sul bene (v. Cass. Pen., sez. V, 26.11.2015, n. 4036); l’altro, più recente e in via di consolidamento, che ritiene che la placca antitaccheggio sia un mezzo di sorveglianza costante e diretto, seppure a distanza, e quindi tale da “da escludere l’ipotesi di un abbandono delle cose alla pubblica fede degli avventori e dei clienti” (v. Cass. Pen., sez. V, 25.02.2011, n. 24862; Cass. pen., sez. V, 30.06.2015, n. 435).

La questione in merito all’art. 625 n.7 c.p. assume particolare rilevanza in quanto l’applicazione o meno della circostanza aggravante comporta notevoli conseguenze sul piano sanzionatorio:

1) il furto semplice ex art. 624 c.p. prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da €154 a € 516 ed è procedibile a querela della persona offesa;

2) il furto aggravato ex art. 625 c.p., invece, è sanzionato con la reclusione da due a sei anni e con la multa da € 927 a € 1.500 ed è procedibile d’ufficio.

Inoltre, la sussistenza dell’aggravante incide anche sulla possibilità per il reo di accedere agli istituti della non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. e dell’estinzione del reato a seguito di condotta riparatoria ex art. 162 ter c.p.

Nel nostro caso, in particolare, è stato necessario verificare la presenza o meno della circostanza aggravante per contestare la validità della denuncia sporta dalla cassiera, che non aveva alcun conferimento di potere per proporre querela: il procedimento si è infatti concluso con sentenza di non doversi procedere per difetto di querela.

Si è esclusa l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 625, co.1, n.7 c.p. sulla base della constatazione che il Sig. Tizio è stato costantemente e direttamente sorvegliato sin dal suo ingresso al supermercato a causa del suo comportamento maldestro e sospetto.

La cassiera non era autorizzata a sporgere querela nei confronti del Sig. Tizio il quale, sin dal suo ingresso al supermercato, ha mostrato un atteggiamento sospetto e, per tale motivo, è stato continuamente, direttamente e palesemente osservato mentre cercava di occultare la merce.

Dalle testimonianze rese dai dipendenti del supermercato si è potuto facilmente constatare come il Sig. Tizio sia stato costantemente sorvegliato sin dal suo ingresso all’interno dell’edificio. Lo stesso aveva infatti mostrato un atteggiamento sospetto ed ha raccolto la merce senza porre molta attenzione al fatto di essere osservato dai commessi presenti.

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