Non è falsa la dichiarazione circa la disponibilità di uno stabilimento di un terzo quando il relativo contratto sia nullo

di AVV. TOMMASO ROSSI (Articolo pubblicato su L’Amministrativista- Il portale sugli appalti e i contratti pubblici).

Commento a TAR Lazio, Sez. Prima Bis, 11 settembre 2020, n. 9532

Il caso. La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un operatore economico contro il provvedimento di aggiudicazione in favore di altra società di un accordo quadro di fornitura. Il ricorrente chiedeva l’esclusione dalla gara della controinteressata in quanto la stessa avrebbe reso una dichiarazione mendace rientrante nelle ipotesi di cui all’art. 80 co. 5 lett. c-bis e f-bis d.lgs.50/2016, per aver affermato di “svolgere una fase essenziale di lavorazione della fornitura in proprio” presso una unità produttiva di proprietà di un terzo, nonostante la nullità del contratto di affitto di ramo di azienda ad essa inerente.

 

Il TAR adìto – premettendo che tale elemento non costituiva un requisito di capacità tecnica e professionale individuati dalla lex specialis di gara – nel respingere il ricorso proposto, ha stabilito che, quand’anche fosse nullo il contratto di cessione di ramo di azienda, ciò non varrebbe ad escludere un accordo tra le due società valido a porre a disposizione dell’aggiudicataria lo stabilimento in questione.

 

Infatti – seguendo l’orientamento ormai radicatosi nella giurisprudenza della Cassazione Civile – la teoria della causa in concreto di un negozio giuridico, intesa quale sintesi degli interessi reali delle parti, porta a ritenere che esista pur sempre una causa tipica che funga da paradigma nella definizione di un contratto atipico, di tal che, ciò che conta ai fini della produzione degli effetti giuridici, è la valutazione degli scopri concretamente perseguiti dalle parti.

 

La sentenza si pone sul solco dei princìpi stabiliti da Cons. Stato, Ad. Pl., 3 luglio 2017, n.3, richiamando peraltro l’attenzione sulla ulteriore (e fondamentale) circostanza, risultante nel caso di specie, del possesso da parte dell’aggiudicataria di una valida certificazione di conformità.

 

Ove valida, tale certificazione deve essere considerata utile a conservare senza soluzione di continuità la qualificazione, andando ad escludersi automatismi decadenziali, e riconoscendo che l’impresa potrà continuare ad avvalersi dell’attestazione originaria finché il soggetto competente a verificare la sussistenza dei requisiti non ne accerti il venir meno.

 

In conclusione, nel fissare i princìpi sopra esposti, il giudice amministrativo ha sottolineato che, anche a salvaguardia del principio di proporzionalità, non possa considerarsi mendace una dichiarazione di disponibilità di uno stabilimento produttivo, laddove tale disponibilità, in concreto sussistente, non si fondi su un valido contratto.

 

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