Note di chiarimento del Presidente del Consiglio di Stato sulla sospensione dei termini dei ‘ricorsi’ amministrativi

Si segnala il rilascio da parte del Presidente del Consiglio di Stato di note di chiarimento riguardo l’applicazione dell’art. 36 del decreto legge n. 23/2020  (atto 20 aprile 2020, prot. n. 7400, https://www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/1869446/Nota+Prot+7400+20.4.2020_signed.pdf/7e0d11ce-250d-0d65-4cba-b9a28b01f0fb), indirizzate ai Presidenti di Sezione del Consiglio di Stato ed ai Presidenti dei T.A.R.

Di particolare importanza la specificazione che l’art. 36 co.3 intende la richiamata “sospensione dei termini”, pur riferita genericamente “ai ricorsi”, a tutti “gli atti con cui nel processo amministrativo si introducono nuove domande

Di seguito l’intero provvedimento.

 

Il Presidente del Consiglio di Stato

Prot. n. 7400 del 20.04.2020

Ai Presidenti di sezione del Consiglio di Stato e del CGARS

Ai Presidenti dei TT.AA.RR e Sezioni staccate

Le presenti note seguono ai primi chiarimenti forniti in data 19 marzo 2020 e sono dirette a favorire un’applicazione omogenea della normativa emergenziale di recente novellata dall’art. 36 d.l. n. 23/2020, senza in alcun modo voler incidere, come già chiarito in occasione dei precedenti interventi, sull’interpretazione e l’applicazione delle norme processuali da parte dei singoli magistrati e dei collegi giudicanti.

Qualche cenno dev’essere innanzitutto dedicato alle recenti previsioni del dl n. 23/2020.

L’unica modifica apportata dall’art. 36 d.l. n. 23/2020 attiene alla sospensione dei soli termini di proposizione dei ricorsi dal 16 aprile al 3 maggio 2020.

E’ appena il caso di evidenziare che, sebbene l’art. 36 comma 3 cit. si riferisca sinteticamente ai “ricorsi”, per tali si ritiene doversi intendere tutti gli atti con cui nel processo amministrativo si introducano nuove domande: e dunque, non solo i ricorsi in primo e in secondo grado, ma anche i motivi aggiunti, i ricorsi incidentali, tutte le impugnazioni, e cioè revocazione, opposizione di terzo, opposizione a perenzione, nonché la riassunzione del processo, la riproposizione a seguito di translatio, la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale.

In tal senso depone non solo la relazione illustrativa del decreto legge, ma anche l’interpretazione letterale e sistematica, che suggerisce di assegnare ai “ricorsi” l’ampio significato di “domande” rivolte al giudice. L’esclusione, per converso, delle mere difese, dal regime di sospensione, sembra ispirarsi a due considerazioni: la prima è che esse, sul piano fattuale, tendenzialmente richiedono la spendita di minor contatto sociale grazie alle funzionalità del PAT; la seconda è che esse si collocano, sul piano temporale, in ogni caso,a valle delle domande, cosicché la sospensione di queste ultime refluisce su di esse, spostandole in avanti, in periodi in cui l’emergenza dovrebbeauspicabilmente essere terminata o diminuita.

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Com’è noto il dl 23/2020 non ha invece previsto proroghe del periodo di sospensione delle udienze. L’effetto principale e immediato è che dal 16 aprile l’attività giudiziaria è ripresa nella sua completezza attraverso le udienze pubbliche e camerali, seppur secondo le modalità fissate dall’art. 84 comma 5 del d.l. 18/2020.

L’art. 84 comma 1 ha dunque temporalmente esaurito i suoi effetti. Di conseguenza, il rito monocratico, sostitutivo di quello collegiale cautelare, ha cessato di avere applicazione, per diventare una parentesi, nell’ambito della quale la tutela cautelare, pur a fronte della grandi difficoltà connesse al periodo emergenziale, è stata assicurata senza soluzione di continuità, grazie alla collaborazione di magistrati, avvocati, attraverso il PAT, in modo da evitare il rischio che l’immediata efficacia e l’esecutorietà degli atti amministrativi impugnati potessero ridondare in ulteriore danno dei cittadini, operatori e utenti già provati dall’epidemia. Dal 16 aprile la tutela cautelare ordinaria è tornata ad essere collegiale.

Se il comma 1 citato ha esaurito i suoi effetti, v’è invece una disposizione normativa che dal 16 aprile ha iniziato a trovare applicazione con le sue previsioni derogatorie: l’art. 84 comma 5 del dl 18/2020.

Sulla base di tale disposizione derogatoria, sino al 30 giugno le cause passano in decisione il giorno della udienza, pubblica o camerale, sulla base degli scritti, con possibilità per i difensori di depositare brevi note entro due giorni liberi dall’udienza. Entro lo stesso termine le parti possono chiedere la rimessione in termini ove il periodo di sospensione emergenziale dei termini non abbia consentito loro di fruirne appieno. In tali casi il Collegio, in udienza, o anche il Presidente, fuori udienza, verificata la mancata disponibilità dei termini pieni, concede rinvio.

La disciplina è abbastanza lineare. Tuttavia una breve precisazione di ordine sistematico si impone.

L’art. 84 comma 5 descrive un rito che, com’anzi detto, trova applicazione dal 16 aprile sino al 30 giugno 2020. Non si tratta di una disciplina processuale autosufficiente, poiché il rito in parola rimane in via generale disciplinato dal codice del processo amministrativo, salve le deroghe che sono espressamente indicate dalla disposizione citata, finalizzate, da una parte, a sfruttare al massimo le funzionalità del PAT evitando la compresenza fisica di avvocati e magistrati e il contatto sociale che ne deriva, dall’altra, a “compensare” l’attenuazione di contraddittorio dovuta alla temporanea soppressione della discussione (che peraltro costituisce il regime prevalente in altri giudizi, quale quello di Cassazione), con la facoltà di produrre scritti ulteriori depositabili a ridosso dell’udienza. Sicché:

1) La causa passa in decisione senza discussione orale sulla base degli atti depositati.

Sul punto va considerato che il processo amministrativo è storicamente un processo prevalentemente scritto, basato su prove scritte e precostituite, come dimostra anche la ridotta percentuale delle cause in cui viene chiesta dalla parti la discussione orale. Il sacrificio della oralità costituisce nondimeno un vulnus che, sebbene giustificato per il periodo di emergenza, dev’essere al più presto recuperato –pur sempre limitatamente al periodo emergenziale al venir meno del quale si deve tornare a quella forma di contraddittorio che postula la oralità tra presenti in aula – anche grazie alla previsione e al perfezionamento di forme di collegamento da remoto e al loro adeguamento agli standard di sicurezza, riservatezza e stabilità. A tal fine, sarebbe utile – e ne è stata fatta richiesta – una disposizione di fonte primaria che, oltre a consentire tale modalità, attribuisca la competenza a disciplinare sul piano tecnico la disciplina del PAT a una fonte flessibile e di immediata operatività, anzi che, come accade oggi, a un regolamento statale (DPCM n.40 del 2016). Si consideri che, per la giustizia contabile, tale disciplina è stabilita con decreto del Presidente della Corte dei conti, per la giustizia civile con decreto del Direttore generale per i servizi informatici. Ovviamente la normativa tecnica dovrà attentamente valutare i profili di sicurezza e riservatezza delle comunicazioni da remoto e disciplinare la conduzione dell’udienza virtuale prevedendo e disciplinando soluzioni ad eventuali disfunzioni legate alla non efficienza o all’eventuale cattivo funzionamento del mezzo tecnologico. E’ tema delicato in relazione al quale occorre essere ben preparati e attrezzati, da parte sia dei servizi della giustizia amministrativa sia degli studi professionali; e occorre altresì essere consapevoli che in virtù della partecipazione che si avrà alle udienze in collegamento da remoto potranno pure essere rimodulati i ruoli delle udienze pubbliche e camerali anche cautelari.

2) E’ possibile definire il giudizio ex art. 60 c.p.a. senza previo avviso alle parti.

Questa possibilità trova naturaliter applicazione ai soli giudizi cautelari. A mente dell’art. 60 cit. infatti “In sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione”. L’art. 84 comma 5 in via derogatoria si limita a eliminare il dovere di “sentire sul punto le parti costituite” non essendovi più, nell’attuale stato emergenziale, il “luogo” ove questa attività possa avvenire, ossia la discussione orale. Rimangono tuttavia fermi tutti gli altri presupposti previsti in via ordinaria dall’art.60 cit. Ne discende che l’eventuale intenzione delle parti di voler “proporre motivi aggiunti,

ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione”, nel silenzio della norma, dovrà, se del caso, essere prospettata dai difensori, in vista dell’udienza camerale, negli scritti difensivi; negli stessi scritti le parti potranno rappresentare ogni altra circostanza, in fatto o in diritto, che a loro giudizio osti a una definizione immediata della lite. Tuttavia si rimette alla prudente valutazione dei presidenti e dei collegi l’opportunità che la previsione legislativa, che pur consente di utilizzare nei predetti termini la sentenza in forma semplificata, sia utilizzata con particolari cautele, per esempio in caso di mancata costituzione di una controparte o ogniqualvolta sussista il dubbio che le argomentazioni difensive avrebbero avuto più ampi sviluppi in vista della decisione di merito: in tali casi, a meno che non intervenga la sola decisione cautelare, sarà possibile rinviare a breve l’udienza camerale avvertendo le parti dell’intenzione del collegio di procedere alla definizione del merito.

3) Le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi dall’udienza.

Sul punto occorre soffermarsi per effettuare una considerazione di carattere sistematico. Mentre la prima parte dell’art. 84 comma 5 cit. si rivolge anche alle udienze cautelari, la seconda parte della disposizione ha ad oggetto esclusivamente le udienze pubbliche e quelle camerali (non cautelari). Lo si evince agevolmente da due ordini di considerazioni: i) i termini dei procedimenti cautelari non sono mai stati sospesi, e dunque non si spiegherebbe il riferimento alla “rimessione in termini”contenuto nella seconda parte del comma 5 cit. ; ii) anche il riferimento alle note aggiuntive nei due giorni precedenti l’udienza costituirebbe previsione priva di qualsivoglia utilità, posto che nel procedimento cautelare le parti hanno già in via ordinaria la possibilità di presentare memorie entro due giorni liberi dall’udienza, o addirittura entro un giorno libero nel caso di operatività della dimidiazione dei termini. La facoltà di presentare “brevi note” sino a due giorni liberi dall’udienza deve, dunque, considerarsi riferita alle sole udienze pubbliche e camerali non cautelari.

4) nel medesimo termine di due giorni la parte, anziché presentare le note difensive, può limitarsi a chiedere il rinvio dell’udienza ove, a cagione della sospensione emergenziale, non abbia potuto fruire dei termini di cui all’art. 73 comma 1 o all’art. 87 comma 3;

5) in caso di rinvio i (soli) termini di cui all’art. 73 comma 1 sono dimidiati (limitatamente al rito ordinario). Giova precisare, anche se il tenore della norma è abbastanza chiaro, che la disposizione ha riferimento ai “nuovi” termini, ossia a quelli riferiti all’udienza di rinvio e non già a quelli propri dell’udienza di trattazione oggetto di rinvio.

In conclusione, dalla lettura necessariamente integrata delle fonti di disciplina processuale (codice di rito e art .84 comma 5 cit.) discende che rimangono integre tutte le prerogative processuali delle parti previste dalle disposizioni codicistiche nella parte in cui non siano derogate o incompatibili. La facoltà di presentare brevi note nei due giorni liberi si aggiunge, giammai sostituendosi, alle facoltà difensive ordinarie, avendo la mera funzione di supplire alla soppressione temporanea della discussione orale nell’udienza pubblica e camerale.

Del pari, rimangono integre le facoltà del presidente o del collegio, d’ufficio o su istanza di parte, di disporre il rinvio della causa, ove la stessa venga ritenuta non matura per la decisione, ovvero le parti adducano comprovati impedimenti oggettivi all’esercizio del diritto di difesa strettamente derivanti dal complessivo quadro emergenziale riferito anche a situazioni territoriali specifiche, o quando, infine, il Collegio, avuto riguardo allo specifico caso concreto, nutra dubbi ai fini del decidere sulla base di quanto rappresentato dagli scritti; dubbi risolvibili, secondo una prudente valutazione, a mezzo della discussione orale o attraverso una ordinanza interlocutoria di chiarimenti rivolta alla parti.

Come già indicato nei “primi chiarimenti”, si ritiene, infine, che eventuali avvisi, che il presidente intenda dare ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. su questioni rilevate dal collegio, debbano essere comunicati alle parti con ordinanza, assegnando un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie e decidendo poi in camera di consiglio, senza fissare una nuova udienza.

Da ultimo, va sottolineato che, con delibera assunta al plenum del 17 aprile scorso, il Consiglio di presidenza ha stabilito che le udienze non celebrate nel periodo 8 marzo/ 15 aprile siano recuperate nel corso dell’anno secondo modalità rimesse agli uffici giudiziari. A tal fine si condividono, in particolare per le sezioni del Consiglio di Stato, le decisioni assunte dai presidenti di procedere al recupero o con udienze straordinarie o distribuendo gli affari da trattare nelle udienze a venire.

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