Le violazioni in materia di limitazioni alla libertà di circolazione imposte dalla normativa emergenziale anti Coronavirus

ANALISI DEL D.L. 25 MARZO 2020 N.19 CONTENENTE “MISURE URGENTI PER FRONTEGGIARE L’EMERGENZA EPIDEMOLOGICA DA COVID-19”

di dott.ssa Serena Cantarelli

Il 30 gennaio 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato l’epidemia del nuovo coranvirus Covid-19 “emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale”.

Il giorno seguente, attraverso un provvedimento fondato sull’esercizio dei poteri in materia di protezione civile previsti dal D.Lgs. 2 gennaio 2018 n.1, il Consiglio dei Ministri ha deliberato lo “stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.

Da allora, il nostro Paese ha assistito ad un susseguirsi di normative emergenziali aventi come obiettivo quello di contenere i contagi, imponendo ai cittadini di rimanere, quanto il più possibile, isolati.

In noi tutti rimarranno per sempre scolpiti nella memoria le morti, la paura e le sofferenze ingenerate dall’emergenza pandemica e le singolari restrizioni alla libertà personali, sempre più numerose e stringenti, che il Governo si è trovato costretto ad adottare.

L’ultimo intervento, in tal senso, è costituito dal D.L. 25 marzo 2020 n.19 contenente “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemologica da COVID-19 il quale ora costituisce l’alveo normativo della risposta all’emergenza epidemiologica.

Il nuovo decreto, infatti, ha abrogato il vecchio D.L. 23 febbraio 2020 n. 6 – ad eccezioni dei suoi articoli 3, comma 6-bis, e 4 – ed ha tracciato un perimetro entro il quale assumere decisioni.

Le misure volte al contenimento e al contrasto dei rischi sanitari vengono ora tipizzate dall’art. 1 comma 2 del suddetto decreto e possono essere adottate secondo “principi di adeguatezza e proporzionalità” al rischio effettivamente presente sul territorio nazionale o su parte di esso, attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della salute, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale.

Per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità occorre sentire il Comitato tecnico scientifico creato per tale emergenza.

Il D.L. 19/2020 prefigura, inoltre, la possibilità di un’evoluzione differenziata delle misure di contenimento, attualmente omogenee per tutto il territorio nazionale. Infatti, nell’attesa dell’adozione del Dpcm e con efficacia limitata fino a tale momento, le Regioni possono introdurre, per specifiche ragioni di aggravamento del rischio sanitario nel loro territorio o in una parte di esso, misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle previste in ambito nazionale purché nell’ambito di loro competenza e senza incidere sulle attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale.

Ad ogni modo, le misure di contenimento di cui all’art. 1 co. 2 possono essere adottate per periodi temporali predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, eventualmente reiterabili e modificabili fino al 31 luglio 2020 (data del termine dello stato di emergenza dichiarato il 31 gennaio).

Dette misure, attraverso una serie di limitazioni, sospensioni e divieti, possono incidere pesantemente su alcune libertà fondamentali dei cittadini, quali quelle di circolazione delle persone, di culto, di attività politica, sindacale, culturale, di educazione, di impresa, ecc. e prevedono altresì, in alcuni casi, obblighi di comunicazione e di prestazione.

La novità più importante è, forse, costituita dall’art. 4 del nuovo decreto il quale ha delineato un sistema sanzionatorio che abbandona lo strumento originariamente individuato nell’art. 650 del codice penale il quale prevedeva di punire, salvo che il fatto non avesse costituito un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206€ chiunque non avesse osservato un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o di igiene.

Il nuovo testo, infatti, contempla tre differenti tipologie di violazioni e sanzioni:

  • Le violazioni “ordinarie” delle misure di contenimento che vengono ora punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 € a 3.000 €, con la precisazione che se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo la sanzione è aumentata sino ad un terzo;

  • Le violazioni delle misure previste per i pubblici esercizi o attività produttive o commerciali alle quali si applica la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni;

  • Le violazioni del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte a quarantena, perché risultate positive al virus, le quali, salvo che il fatto costituisca violazione dell’art. 452 del codice penale o comunque più grave reato, vengono punite con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000 ai sensi dell’art. 260 del regio decreto 27 luglio 1934 n. 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie).

L’art. 452 del codice penale di cui sopra punisce, invece, con la reclusione da uno a cinque anni coloro che per colpa diffondo germi patogeni.

Il richiamo operato all’art. 452 del codice penale non esclude la possibile ricorrenza di altri reati, in particolare del delitto di epidemia dolosa previsto dall’art. 438 del codice penale, consistente nella diffusione dolosa di germi patogeni e punito con l’ergastolo.

In base al comma 8 dell’art. 4 del D.L. 19/2020, le disposizioni che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto ma, in quei casi, le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà.

Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’Interno, è competente ad irrogare e all’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. Al personale delle Forze armate impiegato per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento, previo provvedimento del Prefetto competente, è attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

Per quanto riguarda il procedimento di irrogazione della nuova sanzione amministrativa, il comma 3 dell’art. 4 del D.L. 19/2020 richiama l’applicazione delle disposizioni procedurali contenute nella legge 24 novembre 1981, n. 689, integrate dalle disposizioni dei commi 1, 2 e 2.1 dell’articolo 202 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 che consentono il pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta.

In particolare, fermo restando l’applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo edittale fissato dalla norma sanzionatoria. Tale somma è inoltre ridotta del 30% se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione.

Il comma 1 dell’art. 202 del D.lgs. n. 285/1992 stabilisce, dunque, una disciplina più favorevole al trasgressore rispetto alla disposizione di cui all’art. 16 della L. 689/1981, la quale prevede la possibilità di estinguere la violazione amministrativa mediante il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione

In base a quanto disposto dalla L. n. 689/1981, entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire al Prefetto scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti.

Il Prefetto, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determinata, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione, altrimenti emette ordinanza di archiviazione degli atti.

Sempre entro il termine di trenta giorni della notificazione di detto provvedimento è ammesso ricorso innanzi al Giudice di Pace secondo quanto stabilito dall’art. 22 della L. 689/1981 e dall’art. 6 del D.lgs. 150/2011.

Ai relativi procedimenti si applica l’articolo 103 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 il quale dispone la sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data.

Con riguardo, infine, al divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone risultate positive al virus, il D.L. 19/2020 non ha provveduto a stabilire quale sia l’autorità competente all’adozione di tale provvedimento, la quale, tuttavia, viene individuata dagli artt. 254 e 255 del R.D. n. 1265/1934 nel podestà, ossia nell’autorità sanitaria locale, che si raccorda con il Prefetto ai fini del controllo sull’esecuzione e il rispetto della misura.

D’altronde, anche l’ordinanza del Ministero della salute del 21 febbraio 2020 indica l’autorità sanitaria territorialmente competente come l’autorità deputata all’applicazione della misura della quarantena precauzionale.

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