Caso Cappato: in attesa del Parlamento la Consulta si pronuncia sul fine vita

La Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per esaminare le questioni
sollevate dalla Corte d’assise di Milano sull’articolo 580 del Codice penale
riguardanti la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la
vita.

UDIENZA PUBBLICA 24 SETTEMBRE 2019
ISTIGAZIONE O AIUTO AL SUICIDIO – INCRIMINAZIONE DELLE CONDOTTE DI
AIUTO AL SUICIDIO IN ALTERNATIVA ALLE CONDOTTE DI ISTIGAZIONE.
Reati e pene – Istigazione o aiuto al suicidio – Incriminazione delle condotte di aiuto al suicidio in alternativa alle condotte
dell’istigazione (e, quindi, a prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito al suicidio)
– Sanzione della reclusione da cinque a dieci [recte: dodici] anni delle condotte di agevolazione dell’esecuzione del suicidio,
che non incidano sul percorso deliberativo dell’aspirante suicida, senza distinzione rispetto alle condotte di istigazione.
(R.O. 43/2018) *
*La Corte costituzionale esamina le questioni di legittimità costituzionale successivamente al
rinvio della loro trattazione disposto con ordinanza n. 207 del 2018. Nell’ordinanza si afferma
conclusivamente “che, laddove, come nella specie, la soluzione del quesito di legittimità
costituzionale coinvolga l’incrocio di valori di primario rilievo, il cui compiuto bilanciamento
presuppone, in via diretta ed immediata, scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere,
questa Corte reputa doveroso – in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale –
consentire, nella specie, al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, così da evitare,
per un verso, che, nei termini innanzi illustrati, una disposizione continui a produrre effetti
reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di
tutela di valori, anch’essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale.”
La Corte d’assise di Milano dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale anzitutto
“nella parte in cui incrimina le condotte di aiuto al suicidio in alternativa alle condotte di istigazione e, quindi, a
prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito di suicidio”. La norma
denunciata violerebbe, ad avviso del giudice rimettente, gli articoli 2 e 13, primo comma, della Costituzione, i
quali, enunciando rispettivamente il principio personalistico – che pone l’uomo, e non lo Stato, al centro della
vita sociale – e quello di inviolabilità della libertà personale, riconoscerebbero la libertà della persona di
autodeterminarsi anche in ordine alla fine della propria esistenza, scegliendo quando e come essa debba aver
luogo. La norma censurata sarebbe in contrasto, inoltre, con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione,
in relazione agli articoli 2 e 8 della CEDU, i quali, nel salvaguardare, rispettivamente, il diritto alla vita e il diritto
al rispetto della vita privata, comporterebbero, in base all’interpretazione della Corte europea dei diritti
dell’uomo, che l’individuo abbia il diritto di “decidere con quali mezzi e a che punto la propria vita finirà”.
La Corte d’assise di Milano censura, per altro verso, l’articolo 580 del codice penale “nella parte in cui prevede
che le condotte di agevolazione dell’esecuzione del suicidio, che non incidano sul percorso deliberativo
dell’aspirante suicida, siano sanzionabili con la pena della reclusione da cinque a dieci [recte: dodici] anni, senza
distinzione rispetto alle condotte di istigazione”. La disposizione violerebbe, per questo verso, l’articolo 3 della
Costituzione, unitamente al principio di proporzionalità della pena al disvalore del fatto, desumibile dagli articoli
13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.

Norma censurata
Codice penale
Art. 580. – Istigazione o aiuto al suicidio.
Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito,
se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque
anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima [c.p. 29, 32, 50, 583].
Le pene sono aumentate [c.p. 64] se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2
dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità
d’intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio [c.p.p. 575, 576, 577]

In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha
ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate
condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e
liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno
vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o
psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere
decisioni libere e consapevoli.
In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la
non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso
informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2
della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità
di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del
comitato etico territorialmente competente.
La Corte sottolinea che l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità
procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa
necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente
vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018.
Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza di condizioni
sostanzialmente equivalenti a quelle indicate.
(fonte Ufficio Stampa Corte Costituzionale)

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